Nel 1597 a Venezia veniva pubblicato da Gaspare Tagliacozzi, professore di anatomia e chirurgia all’Università di Bologna, il trattato chirurgico “De curtorum chirurgia per insitionem”, in cui con precise parole e disegni accuratissimi è descritto e codificato il metodo chirurgico sopra riferito, non solo per la ricostruzione del naso, ma anche di altre parti del volto come labbra e orecchie.
Tale trattato rappresenta in tutto il mondo il testo capostipite di tutta la chirurgia plastica, ancora oggi apprezzato e frequentemente consultato.
Nel testo si affronta il problema della ricostruzione del naso, organo che andava frequentemente perduto negli scontri con arma bianca, con una nuova tecnica chirurgica, di così tale portata concettuale che viene indicata tuttora come “metodo italiano”, in contrapposizione al “metodo indiano”.
Tale tecnica consiste nell’utilizzo di un lembo ricavato sulla superficie interna del braccio, trasferito al volto con una serie di operazioni successive.
Alla morte di Tagliacozzi i suoi allievi non poterono applicare quanto appreso dal maestro perchè la sua opera venne condannata dai tribunali ecclesiastici in quanto considerata contro natura. Anche i maggiori organi accademici europei accreditarono false credenze sull’attività di Tagliacozzi, accusato in particolare di trapiantare tessuti da un essere vivente all’altro e così, pervase da un’aura di stregoneria diabolica, le operazioni caddero in breve nell’oblio e il suo corpo venne esumato e sepolto in terreno sconsacrato.