Gaspare Tagliacozzi – Professore all’Università di Bologna

Paolo G.Morselli



Non si può parlare di Gaspare Tagliacozzi, professore di chirurgia plastica, senza citare l’Università di Bologna, la più antica del mondo occidentale, fondata nel 1088, e citare l’Archiginnasio, la sua prima sede, dove se ne possono rivivere le origini.

È proprio nel palazzo dell’Archiginnasio che il ricordo di Gaspare Tagliacozzi è tangibile. Il suo busto si osserva all’ingresso vicino, a quello del fondatore della città, San Carlo Borromeo.

Sempre nell’Archiginnasio, nella sala anatomica è presente la sua statua, in legno finemente intagliato, che lo raffigura con un naso in mano e che, assieme a quelle di altri undici illustri medici, circonda il tavolo di dissezione.

Gaspare Tagliacozzi, o forse più precisamente Gaspare Tagliacozzo, antesignano della chirurgia plastica e ricostruttiva, nasce a Bologna nel 1545 e vi muore a soli 53 anni dopo aver acquisito fama, celebrità e onori che lo avrebbero portato ad insegnare anche all’estero. Grazie metodologia chirurgica, chiamata “metodo italiano”, che utilizza un lembo di cute prelevato dall’avambraccio per la ricostruzione del naso nei mutilati del volto, ottenne in breve fama e celebrità. Tagliacozzi descrive il metodo in dettaglio nel suo trattato De curtorum chirurgia per insitionem (Chirurgia delle mutilazioni per mezzo di innesti) pubblicato a Venezia nel 1597.

Dall’Archivio di Stato e dall’Archivio Arcivescovile di Bologna si può ricostruire l’albero genealogico della famiglia Tagliacozzi. Nel 1407 un antenato di Gaspare si trasferisce a Bologna dal paese di Tagliacozzo. Il cognome della famiglia registrato nei vari documenti è Tagliacozzi, o Tagliacozzo, e apparivano modifiche del nome del padre Andrea Tagliacossa. Gaspare Tagliacozzi è stato battezzato a Bologna il 02/03/1595 nel battistero di San Pietro dove ancora oggi si trova scritto: Gaspar filius Joannis Andreae Tagliacossa ovvero Gaspare figlio di Giovanni Andrea Tagliacossa.

E’ importante che per Tagliacozzi fosse stata riconosciuta l’origine bolognese. In quell’epoca, infatti, i professori collegiati dovevano obbligatoriamente essere nati a Bologna. La conferma di tale origine bolognese è stata garantita, per Tagliacozzi, dal giuramento rilasciato da diversi cittadini, che ne testimoniarono la paterna cittadinanza in occasione della sua laurea in filosofia.

Gaspare Tagliacozzi si interessà dapprima di studi filosofici, come tutti coloro che poi intendevano intraprendere l’attività’ di medico, ed inizia i suoi studi in medicina nel 1565. Ebbe prestigiosissimi professori come: Gerolamo Cardano per la medicina, Ulisse Aldrovandi per le scienze naturali e Giulio Cesare Aranzi per l’anatomia.

Due anni prima di laurearsi Tagliacozzi iniziò a frequentare l’Ospedale della Morte, una sorta di clinica per studenti che si trovava nei pressi dell’Archiginnasio. L’ospedale era della Confraternita della Morte, ente religioso i cui adepti confortavano i condannati a morte.

Nel 1570 Aranzi istituì la cattedra di anatomia pratica separata dalla chirurgia. Nello stesso anno a Gaspare Tagliacozzi furono assegnate le prime letture da tenere nell’università; questo incarico, tradizionalmente affidato ai migliori studenti, fungeva da esercitazione e curriculum per i futuri incarichi accademici.

Fino al 1570 le lezioni e le dimostrazioni pratiche di anatomia furono dissezioni di cadaveri che si eseguivano per lo più nelle case private dei professori. Un decreto rese obbligatorio che almeno una dissezione all’anno fosse pubblica e che si eseguisse nel Teatro Anatomico dell’Archiginnasio, dove il professor Tagliacozzi insegnò fino al 1595, anno in cui fu costruito il primo teatro anatomico stabile.

Tagliacozzi per tutta la sua vita continuò a lavorare con la Confraternita della Morte. Attraverso quest’organismo si procurava i cadaveri dei giustiziati per effettuarne le dissezioni. Nel suo testamento affidò alla confraternita l’incarico della sua sepoltura.

Subito dopo la laurea in medicina Tagliacozzi fu nominato lettore in chirurgia con lo stipendio di 100 libbre l’anno. Nel 1576 fu aggregato al Collegio di Arti e di Medicina e nel 1579 ricevette il permesso e l’onore di effettuare dimostrazioni anatomiche.

Alla morte del professor Aranzi, nel 1589, gli venne assegnata, insieme ad altri tre professori, la cattedra di anatomia; a Tagliacozzi venne però dato lo ius quesitum, cioè la direzione e la preferenza e il suo stipendio fu aumentato in modo considerevole.

Gaspare Tagliacozzi ricevette la prestigiosa investitura di Cavaliere Aurato e Conte Palatino. Questa onorificenza fu concessa, nel 1530, dall’imperatore Carlo V a tutti i dottori collegiati dell’Università di Bologna con il diritto di estendere questo titolo anche ad altri.

La carriera di Gaspare Tagliacozzi continuò con prestigio e credibilità, gli venne affidato il potere e l’incarico di revisionare i libri posti nell’Indice del Santo Uffizio. Si trattava di testi che, pur non essendo in stretta relazione con la religione, dovevano essere esaminati ed eventualmente eliminati se non consoni ai principi religiosi. Questa condizione comportò un esodo di molti prestigiosi insegnanti e una sensibile riduzione di affluenza di studenti tanto che i professori presentarono una petizione al Papa affinché concedesse loro il potere di utilizzare questi libri “proibiti”. Ottennero il permesso con la clausola che ogni anno i libri fossero revisionati e corretti nei passi dubbi.

Proprio nell’anno della stampa del suo libro Tagliacozzi ricevette l’incarico di correggere l’Opera omnia di Leonardo Fuchs, poiché la religione protestante abbracciata dal naturalista tedesco rendeva proibito l’uso dei suoi libri nelle università.

Il testo De curtorum chirurgia per insitionem venne stampato a Venezia nel 1597 da Gaspare Bindoni. Nello stesso anno fu pubblicato anche una versione pirata, pubblicata cioè senza il permesso dell’autore, edita da Roberto Meietto. Quest’ultima edizione risulta però meno accurata.

Nella premessa dell’edizione del Bindoni era stampato il visto dell’inquisitore e del Consiglio dei Dieci, a garanzia che l’opera non conteneva nulla contro la legge del tempo. Questa fu un’ulteriore dimostrazione che Tagliacozzi non ebbe mai alcuna opposizione dalle autorità ecclesiastiche, come invece riportano erroneamente diversi autori.

In questa sua importantissima opera, Tagliacozzi riportò magistralmente la tecnica chirurgica del “metodo italiano”. Aveva già descritto il metodo in una famosa lettera del 1586 indirizzata al medico Girolamo Mercuriali che la pubblicò nel suo libro De Decoratione. La lettera inviata a Mercuriali ha un grande valore di documentazione storica, in essa si trovano citati i nomi di quattro persone famose alle quali Tagliacozzi aveva praticato la ricostruzione del naso. Riportava, inoltre, come tali pazienti fossero così soddisfatti del risultato dell’intervento da preferire i loro nuovi nasi, rispetto a quelli precedenti al trauma.

Nella ricostruzione dell’attività di Tagliacozzi è stato determinate il contributo dell’opera di Webster e Gnudi: Documenti inediti intorno alla vita di Gaspare Tagliacozzi in Studi e memorie per la storia dell’Università di Bologna, 1935.

Durante le loro ricerche hanno rintracciato, in diverse città d’Italia, vari documenti relativi ad altre undici persone curate da Tagliacozzi per diverse patologie, infortuni e ferimenti. Da questi documenti emerse che Tagliacozzi operò diversi nobili e principi del tempo come Ferdinando I de Medici, Granduca di Toscana, Vincenzo Gonzaga, Duca di Mantova, e Ranuccio Farnese, Duca di Parma. La sua preparazione e perizia erano conosciute ben oltre la città di Bologna, fino anche a Vienna, dove Tagliacozzi si recò nel 1594, su richiesta del Granduca Ferdinando di Toscana, per curare Virginio Orsini, Duca di Bracciano e nipote del Granduca stesso.

Il De curtorum chirurgia per insitionem è dedicato al principe di Mantova, Vincenzo I Gonzaga e la dedica lascia supporre che, oltre ad essere stato suo paziente, avesse anche sponsorizzato il volume. Nella premessa l’opera contiene diverse poesie di lode scritte, per Tagliacozzi, da vari colleghi.

Anche il chirurgo plastico Maltz Maxwell nel suo libro “Time is now” riporta utili informazioni sull’attività di Gaspare Tagliacozzi.

Webster e Gnudi trovarono due copie speciali dell’opera: edizioni di lusso stampate in formato più grande e su carta più spessa. Una copia si trova nella biblioteca universitaria di Bologna, ed è firmata personalmente dall’autore, e probabilmente donata a Ulisse Aldrovandi. L’altra copia si trova nella Bibliothèque Nationale di Parigi e si suppone fosse di proprietà di Gastone d’Orléans.

Tagliacozzi nella sua vita ricoprì anche alcune cariche pubbliche non legate alla medicina. Fu uno dei Tribuni del Popolo nel quartiere di Porta Procula, fu sindaco della Gabella Grossa, ufficio pubblico che si occupava dei commerci e dei dazi sulle merci.

Tagliacozzi morì a solo 53 anni, due anni dopo la pubblicazione del suo prestigioso testo. Come aveva richiesto nel suo testamento venne sepolto nella chiesa delle monache di San Giovanni Battista. Fu onorato con una messa solenne alla quale parteciparono i dottori collegiati, molti dei quali declamarono lodi a suo favore.

Si racconta che, poco dopo la sua morte, nella chiesa dove era stato seppellito, una notte si udì gridare che Tagliacozzi fosse dannato in eterno. Nel frattempo si erano diffuse alcune maligne voci che lo avevano accusato di magia ed eresia. Il corpo di Tagliacozzi venne disseppellito e portato fuori le mura del monastero, in terreno non consacrato. Gli eredi e i colleghi professori fecero aprire un’indagine ufficiale per valutare la sua vita e la sua opera. I documenti del processo non sono stati recuperati a seguito della distruzione degli Archivi del Foro Archiepiscopale e del Tribunale dell’Inquisizione di Bologna, ma la sentenza è stata trascritta in una nota originale di quegli anni unita a una copia del De curtorum chirurgia per insitionem conservata nell’Archiginnasio di Bologna.

Il testo recita:

« La verità è però che dopo pochi mesi, essendosi discussa la causa tanto nel Tribunale dell’Inquisizione quanto nel Foro Archiepiscopale ad istanza pubblica, cioè dell’Assunteria di Studio, per premure fatteli dalli Lettori Pubblici e dalli Dottori Collegiali interessati per la comune onorificenza ed a petizione degli eredi del defunto, e scopertasi la malvagia malignità d’alcuni invidiosi alla fama di Tagliacozzi, tacciato di Magia, fu colle debite solennità restituito il suo corpo alla primiera di lui sepoltura, et previa reintegratione illius famae, nominis, atque dignitatis, ex capite innocentia. Fu abolito ogni atto contro di lui incartato, e data sentenza di lui piena assolutoria, colla condanna inoltre degli accusatori e rei dichiarati, gli quali oltre all’obbligo di trovarsi di disdirsi, furono anco necessitati di farsi assolvere dalle censure incorse. Così è annotato marginalmente nelle Cronache di quei tempi sotto il 15 luglio 1600 »

Questo episodio ha fatto nascere la leggenda, riportata da diversi autori, che dopo la sua morte Tagliacozzi sarebbe stato processato e condannato dall’Inquisizione poiché si credeva che la Chiesa ritenesse la chirurgia plastica contraria alla volontà di Dio.

In realtà non esiste alcun fondamento storico a conferma di ciò: addirittura diversi fatti della vita del Tagliacozzi rendono impossibile pensare che egli potesse essere in qualche modo censurato dall’autorità ecclesiastica. Dai documenti risulta infatti che la vita di Tagliacozzi fu improntata ad una perfetta osservanza dei precetti religiosi.

Egli fece giuramento di fede e fedeltà alla Chiesa di Roma davanti all’Arcivescovo di Bologna, Cardinale Gabriele Paleotti, due volte prima di essere ammesso all’esame di laurea nel 1570 e nel 1576.

Redasse il suo testamento alla presenza di un parroco e lasciò del denaro per costruire una cappella nella chiesa di San Giovanni Battista, dove sua figlia Lucrezia divenne dapprima suora e poi madre superiora.

Inoltre, come già detto, Tagliacozzi fu scelto per revisionare alcuni testi posti all’Indice dei libri proibiti e quando nel 1596, chiese al Senato un ulteriore aumento di stipendio due cardinali romani si interessarono direttamente per appoggiarne la richiesta. Temevano che il Tagliacozzi potesse lasciare l’Università di Bologna per mettersi completamente al servizio di qualche principe che gli avesse offerto uno stipendio maggiore. Anche il lontano sospetto di eresia non avrebbe permesso a Gaspare Tagliacozzi di avere il prestigio di cui ha goduto in vita, e gli onori che gli furono riconosciuti alla morte.

Per due secoli, ogni anno, nella cappella di San Giovanni Battista venne celebrata una solenne messa cantata in onore del professore. Il monastero fu soppresso nel 1799 e adibito a caserma per le truppe fino al 1819, e infine, nel 1869 entrò a far parte dei locali del manicomio provinciale. La struttura venne modificata e riadattata e della cappella e della tomba di Tagliacozzi si è ormai persa ogni traccia.

Il fondamentale apporto di Gaspare Tagliacozzi all’evoluzione della chirurgia plastica rimane il perfezionamento e la descrizione dettagliata del cosiddetto metodo italiano, per la ricostruzione chirurgica del naso e del volto.

Questo straordinario trattato De curtorum chirurgia per insitionem, dove Tagliacozzi descrive accuratamente la metodologia chirurgica del metodo italiano per la ricostruzione di nasi, di labbra e orecchie mutilate, rimane una pietra miliare per la chirurgia plastica.

Per il riparo delle parti mutilate Gaspare Tagliacozzi si serviva della pelle dell’avambraccio sinistro: aveva infatti notato che in questa sede la pelle era sottile e con pochi peli, inoltre poteva essere isolata facilmente. Sapeva anche che il tessuto in questo distretto anatomico mantiene abbastanza le sue dimensioni, retraendosi poco dopo essere stato mobilizzato.

L’esecuzione dell’intervento iniziava disegnando sulla parte anteriore dell’avambraccio due linee parallele la cui distanza e lunghezza erano in relazione alla dimensione dell’area del volto da ricostruire.

Si incideva poi la cute e il sottocute e le incisioni procedevano per tutta la lunghezza delle linee disegnate, sollevando il tessuto cutaneo e sottocutaneo, lasciando indenne il muscolo. Il lembo veniva mantenuto collegato all’avambraccio da un “ponte di tessuto”, connesso sia superiormente che inferiormente. I due peduncoli mantenevano “vitale” il lembo.

Per eseguire questo passaggio Gaspare Tagliacozzi inventò uno strumento ben descritto nel suo libro, una sorta di tenaglia che in un colpo solo separava la cute dal muscolo.

La prima parte dell’intervento si concludeva con una medicazione, un panno veniva interposto tra il muscolo e il ponte di tessuto cutaneo e sottocutaneo per impedire che le due parti si “rincollassero”.

Dopo circa 20 giorni il peduncolo (ponte superiore) veniva sezionato e suturato alla parte da ricostruire (ad esempio sul naso).

Il paziente era preventivamente vestito con uno speciale corsetto stretto intorno al tronco, dotato di alcune strisce di tela adatte a legare e stabilizzare il braccio alla testa in modo che questo restasse immobile vicino al naso (o alle labbra o alle orecchie). Si racconta che questo tutore fosse stato inventato e costruito dal professor Tagliacozzi stesso: nel suo libro le immagini e le dimostrazioni della capacità di contenimento del tutore sono del tutto esplicative.

Nel passaggio successivo Tagliacozzi incideva i lembi del naso cicatrizzati e staccava il lato superiore della pelle del braccio. Approssimava poi il braccio al naso mettendo in connessione la parte interna del lembo ai bordi cruenti da ricostruire.

Suturava il tutto con ago e filo e stabilizzava il braccio alla testa utilizzando le strisce di tela del tutore.

Quando le parti avevano completamente aderito, staccava dal braccio l’ultimo lato del lembo di pelle (peduncolo inferiore), liberandolo così dalla connessione con il volto, e lo suturava al difetto. Dopodiché iniziava a modellare, per esempio, il naso e le narici avvalendosi anche di forme, “naselli”, precedentemente preparate che utilizzava come modelli.

Il metodo italiano non è un’invenzione di Tagliacozzi: il grande merito del professore è di averlo perfezionato e soprattutto di averne dato un’accurata descrizione scientifica. Tagliacozzi ha svolto il ruolo di professore universitario scrivendo un trattato per gli studenti e per i chirurghi che volevano applicare il metodo riducendo le possibili complicanze. Un trattato che potesse tramandare una procedura di chirurgia plastica corretta e che fosse a disposizione di chiunque lo volesse adoperare. Questo è il primo testo di chirurgia plastica esistente al mondo.

L’invenzione del metodo si ritiene sia merito dei chirurghi Gustavo Branca e di suo figlio Antonio, vissuti nel 1400 a Catania. La tecnica venne poi ripresa in Calabria nel corso del 1549-1565 dai fratelli chirurghi Pietro e Paolo Boiano detti anche Vianeo.

Qualcuno sostiene che Tagliacozzi possa aver appreso le basi del metodo italiano visitando i Vianeo. Avrebbe assistito all’intervento di un paziente, che lui stesso aveva portato per farlo curare, fingendosi un suo parente. Questa versione dell’apprendimento della tecnica del metodo italiano, da parte del Tagliacozzi ,è intrigante, ricorda le tecniche di spionaggio e la creatività necessaria a carpire i segreti altrui. Sembra tuttavia una versione poco probabile in quanto i Vianeo hanno cessato la loro attività nel 1565, in quell’anno Tagliacozzi aveva solamente 20 anni.

Un’affermazione più credibile è che Tagliacozzi avrebbe appreso il metodo dal professor Leonardo Fioravanti.

Il procedimento del metodo italiano fu descritto anche dal grande anatomista Andrea Vesalio (1514-1564) il quale, però, erroneamente consigliava di usare il muscolo e non la cute e sottocute dell’avambraccio. Nella ricostruzione del naso però non si ottennero risultati soddisfacenti.

Il metodo italiano venne invece criticato da Gabriele Falloppio (1523-1562) in quanto tale procedura costringeva il paziente a restare con il braccio immobilizzato per molti mesi, e il risultato non era affatto garantito in quanto spesso la pelle non attecchiva al difetto.

Questi insuccessi però erano conseguenza di un’errata esecuzione del metodo e dipendevano spesso dall’operatore.

Del metodo di Tagliacozzi abbiamo in seguito testimonianza da: Fortunio Liceti, che ne parla nell’opera De monstruorum natura, caussis et differentiis de 1616; Henricus Moinichen nelle Observationes Medico-chirurgicae del 1691; Thomas Feyens chirurgo all’università di Lovanio che aveva studiato a Bologna con Tagliacozzi, nella sua opera De praecipuis Artis Chirurgicae controversiis, pubblicata postuma nel 1669.

La chirurgia seguì nel corso del 1600 un periodo di decadenza in tutta Europa ed il metodo di Tagliacozzi venne pertanto dimenticato, fino a che, nel 1800, esso non fu riscoperto ed applicato dal chirurgo tedesco Karl Feridinad von Graefe.

Il nome di metodo italiano è entrato nell’uso nel corso del 1800 per distinguerlo dal cosiddetto metodo indiano, che consisteva nel prendere lembi di pelle dalla fronte per la ricostruzione del naso, tramandato dall’antichità in India e introdotto in Europa da Joseph Constantine Carpue.

Il metodo di Tagliacozzi viene tuttora utilizzato.



Bibliografia

  • Jerome Pierce Webster, Martha Teach Gnudi – Documenti inediti intorno alla vita di Gaspare Tagliacozzi in Studi e memorie per la storia dell’Università di Bologna, 1935

  • Pietro Capparoni, Profili bio-bibliografici di medici e naturalisti celebri italiani, dal sec. XV al secolo XVIII, volume 1, Istituto nazionale medico farmacologico “Serono”, 1926

  • Alfonso Corradi, Dell’antica autoplastica italiana in Memorie del Regio Istituto lombardo di scienze e lettere. Classe di scienze matematiche e naturali, volume 13, Milano, 1875

  • Sulla restituzione del naso – rapporto del Cavaliere Alberto De Schomberg, Giornale Arcadico di Scienze, Lettere ed Arti, Tomo VI, aprile – maggio – giugno 1820

  • Ambrogio Bertrandi, Opere anatomiche e cerusiche – con note e supplementi dei chirurghi G. A. Penchienati e G. Brugnone, Tomo III, Torino, 1787

  • Gaspare Tagliacozzi, De curtorum chirurgia per insitionem, Venezia, 1597

 

Prof. Dott. PAOLO G. MORSELLI

Università di Bologna-Alma Mater Studiorum

Facoltà di Medicina e Chirurgia

Scuola di Specialità in Chirurgia Plastica

MD FEBOPRAS PsychD

European Board of Plastic Reconstructive and Aesthetic Surgery

Fellow of American College of Surgeon

 

Medico Chirurgo

Specialista in Chirurgia Plastica

Perfezionato in Chirurgia Estetica

Specialista in Dermatologia e Venereologia

Specialista in Stomatologia – Chirurgia Maxillo-Facciale

Specialista in Psicoterapia – Indirizzo Psicosomatico

 

Viale Berti Pichat 32 – 40127 Bologna

Tel. 051 252535 Fax. 051 246382

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